Buonsalve a tutti
e, supponendo di non dover tralasciare i formalismi, bentrovati, cari lettori.
Non mi ero
minimamente accorta di aver lasciato scorrere tutto questo tempo dal mio
ultimo intervento; più di un anno, ora che ci penso. Col senno del poi, la cosa
ha una propria ratio, che non voglio condividere pubblicamente, ma che intendo
usare come spunto, per dirvi un paio di cose che forse vi faranno comprendere
meglio le ragioni della mia duratura assenza.
E’ stato un anno
complesso, forse tra i più grevi di cui abbia memoria, ma alla luce di ciò
assai istruttivo. Distruttivo ma,
conseguentemente, costruttivo. Perdonate l’allitterazione.
Sapete, non sono
avvezza a congedare gli anni in procinto di volgere al termine come fanno
taluni, evidenziandone i lati negativi, definendoli ogni volta “anno demmerda”
e riponendo tutte le proprie speranze in quello a venire. Credo da sempre che
anche, anzi, soprattutto i brutti periodi siano quelli più formativi, da cui si possa
apprendere meglio; tutto sta nel nostro approccio.
Il dolore è un
maestro paziente e silenzioso, che dovremmo imparare a non odiare per le dure,
talvolta durissime prove cui ci sottopone, pensando piuttosto agli
apprendimenti che potremmo guadagnare dal suo rigido metodo, sovente così arduo
a comprendersi.
Perciò, dopo averlo maledetto a non finire, fermiamoci un
attimo a pensare a cosa potremmo apprenderne, poiché - e lo dico per esperienza
- una mera attitudine positiva in un frangente tutt’altro che tale può
realmente fare la differenza.
Alla luce di
tutto ciò, non v’è nulla che rimpianga di quest’anno passato, così colmo di
cambiamenti, a cui, dopo un marcato sconcerto iniziale, mi è gradualmente
venuto sempre più spontaneo adattarmi. Sapete cosa diceva Bruce Lee, no?
“Be formless,
shapeless, like water. You put water into a cup, it becomes the cup. You put
water into a bottle, it becomes the bottle. You put water into a teapot, it
becomes the teapot. Water can flow or it can crash.
Be water, my
friend.”
Ora, personalmente
credo di essere ben lungi dalla malleabilità assoluta di cui parlava Lee, ma posso
dire di essere notevolmente soddisfatta dei miei passi in tale direzione. Non
so se un’adattabilità così totale sia umanamente auspicabile in toto; quel che
so è che io non ho mai desiderato essere priva di forma, seguendo la metafora
impiegata dal maestro. Flessibile sì, e anche molto, ma entro qualche limite.
Vi sono contenitori di cui non voglio, né ho mai voluto assumere le sembianze;
tuttavia, in circostanze peculiari, credo di aver trovato dei validi
compromessi in grado di mantenere la mia natura intatta. E auguro a tutti
di poter trovare, in tali evenienze, la soluzione più idonea alla propria
essenza.
Niente, tutto
questo per dirvi che sì, sono viva e, tutto sommato, me la sto passando
piuttosto bene. Immersa di lavoro e di faccende, ma decisamente bene.
A presto, egregi.
Nessun commento:
Posta un commento