Non credo potrei intraprendere tale intervento con un incipit, o meglio,
un’apostrofe differente dalla seguente: ragà, vi prego, vi supplico, PER
PIACERE, LAVATEVI LE ASCELLE.
Taluni tendono a sottovalutare l’entità di tale fenomeno, ma è nostro
comune dovere porvi l’accento, non solo per il benessere dei soggetti poco
avvezzi all’impiego del sapone, ma anche e soprattutto per salvaguardare
l’aspettativa di vita di coloro che questi ultimi circondano.
Tutti noi patiamo gli attuali sbalzi delle temperature, ma ciò non
implica la necessità di far sobbalzare anche l’olfatto di chi vi sta accanto,
ogniqualvolta fate ingresso in un loco. Al di là del naso sensibile di
determinati individui, sovente di ciò accusati, v’è una soglia, cordiali
lettori avversi all’igiene, al di là della quale sareste suscettibili di
denuncia ex art. 56 del codice penale (per chi non lo sapesse, relativo al
delitto tentato), alle volte sfociabile in omicidio colposo, quando ci
allietate con la vostra soave presenza in luoghi chiusi. Metro, treni e sale
d’attesa possono talvolta divenire letali, ma mai la nostra incolumità è messa
a repentaglio come quando un individuo ostile al bagnoschiuma ci si apposta
accanto in ascensore. Potrete
entrare in simbiosi con le pareti dello stesso quanto vorrete, nel disperato tentativo
di catturare le ultime molecole di ossigeno sottrattesi alla contaminazione, ma
qualora il suddetto dovesse essere minuto come quello del mio condominio, è suggeribile
cominciare a pensare ai destinatari del proprio testamento.
La domanda che mi sorge spontaneamente, ogni sacrosanta volta che il mio
spirito di autoconservazione mi spinge ad andare in apnea, onde sfuggire al
tanfo del gentiluomo o della gentildonna malauguratamente adagiatasi di fianco
a me, è sempre la stessa: ma lo sa o non
lo sa?
Lo sa o non lo sa che il suo mero passaggio aumenta veriginosamente il
rischio di soffocamento del 90% dei soggetti ad egli/ella circostanti? Lo sa o
non lo sa di sfiorare il fetore di una pantegana morta in decomposizione? Sa o
non sa di violentare ripetutamente e cruentemente il mio olfatto e quello
altrui, ad ogni passo che compie verso la nostra direzione? Sa o non sa di
essere una potenziale arma di distruzione di massa? Lo sa o non lo sa? E in
caso negativo, come fottutissimamente può non saperlo, per Dio? Come? COME??
Perdonate il mio momentaneo turpiloquio inverecondo, egregi lettori dai
nasi insensibili; non volevo mancarvi di rispetto. Proviamo a metterla in altri
termini.
Esistono due simpatici elementi, gentili amici, due amichevoli composti
chiamati sapone e deodorante. Non costano molto, nè i medesimi, nè il loro
utilizzo, ma donano molto a chi li riceve. Parimenti, il mancato impiego degli
stessi toglie molto a chi vi circonda: benessere e anni di vita, solo per
citarne un paio. Prestate attenzione, tuttavia!
Mentre è possibile fare a meno del nostro benamato deodorante, di cui
talvolta per allergie o problemi vari non è dato avvalersi, laddove un sacro
vincolo di fedeltà ci unisca al pulcro sapone, impegnandoci ad accoglierlo
nella nostra quotidianità almeno una volta al giorno, GIAMMAI sarà valido il
meccanismo opposto. A differenza di quanto molti di voi ingenuamente pensano, applicare
il deodorante su un’ascella sudicia non ne copre l’odore; finisce bensì
annientato dal medesimo, creando un raccapricciante cocktail che rischia di
annientare anche i cristiani che vi stanno attorno. Parallelamente, farvi il
bagno nel dopobarba o coprirvi di fragranze, per quanto pregiate, senza
nondimeno porre prima in essere l’igienica condicio sine qua non, è totalmente
irrilevante. Irrilevante per voi, fatale per noi sventurati dal destino
infausto.
Non so cosa vi abbiano detto i vostri ascendenti in età puerile, ma il profumo NON è un surrogato del sapone.
Dunque, qualora puzzaste come una stalla, immergervi fino al collo in una
boccetta di Gucci Flora non vi renderà un prato di magnolie in fiore, bensì un
gregge di capre maremmane rotolatesi gioiosamente in un prato di magnolie in
fiore. Che poi, fatemelo dire, anche i cleanliness addicted intenti ad
intingere ogni singolo indumento in una vasca di profumo sfiorano le soglie
dell’intollerabilità, specie se il profumo in questione presenta note incantevoli
per chi lo indossa, ma virulente e insostenibili per il resto del mondo (vi
prego, ditemi che non sono l’unica a non reggere Hypnotic poison di Dior, VI
PREGO).
Tornando a noi, sovente ho sentito individui dall’ascella esuberante
appellarsi alla scusa del caldo, che a detta loro sarebbe il principale
responsabile del tanfo sub-ascellare estivo. Potremmo celermente obiettare che
le alte temperature siano causa primaria del sudore, non certo del suo fetore,
conseguente ad una permanenza a lungo termine dello stesso, dovuta
all’ignoranza (nel senso di ignorare di avere uno scarico portuale sotto al
braccio) o all’ottimismo di chi se ne fa portatore. Taluni solgono alzare la
braccia al cielo nella speranza che la tramontana di passaggio prosciughi il
sudore ivi depositatosi (nella migliore delle ipotesi) nelle 48 ore precedenti;
a costoro vorrei garantire che l’aroma di cui sono impregnate, ahimè, permane,
e si aggrappa impavida alle narici di noi vittime innocenti.
Ad ogni modo, magari, oserei aggiungere, si trattasse d’un problema
meramente estivo. L’ascella rigogliosa non conosce stagioni; le abbraccia tutte
alla stessa maniera.
Poichè, per quanto nei mesi rigidi essa possa celarsi sotto golf, felpe
e indumenti lanosi, verrà sempre QUEL momento, quello che noi comuni mortali da
sempre temiamo, quello di cui prima o poi tutti diverremo inesorabilmente
protagonisti impotenti: quello in cui il/la nostro/a poco igienico/a amico/a SI TOGLIERA’ IL MAGLIONE, vuoi perchè
nel locale in cui siete appena entrati v’è una forte escursione termica
rispetto al freddo glaciale esterno, vuoi perchè l’individuo in esame cova un
incoscio desiderio di attentare alla tua incolumità. Mentre nel caso di un
amico fidato si dispone della confidenza necessaria per sussurrargli
all’orecchio “fratè, se non vai un secondo in bagno a pulirti l’ascella, presto
dovrai pulire il mio cadavere”, le cose tendono a divenire più complesse,
allorchè dovesse trattarsi di un perfetto sconosciuto. E’ lì che dobbiamo
appellarci a tutta la nostra forza interiore.
In un primo momento cercheremo
tutti di accostare di soppiatto il naso alla nostra manica a cadenze regolari,
onde inspirare quelle scarse dosi di ossigeno senza rischiare una sincope,
apostrofando di tanto in tanto l’Onnipotente, che anche gli atei cominceranno ad
invocare, esortandolo a condurre lungi da noi la causa dei nostri mali,
essendovi ahimè circostanze in cui non ci è dato spostarci altrove. In un
secondo e probabilmente ultimo momento, ci limiteremo a pregarlo di freddare
quest’ultimo o, in alternativa, noi medesimi.
Dal momento che domani dovrò recarmi più volte in svariati luoghi
chiusi, in compagnia d’un considerevole numero di ignoti, ben conscia del fatto
che “del doman non c’è certezza”, ci tenevo a dirvi che vi voglio bene e ve ne
ho voluto assai.
Per sempre vostra,
S.