lunedì 12 ottobre 2015

Ascell n°5


Non credo potrei intraprendere tale intervento con un incipit, o meglio, un’apostrofe differente dalla seguente: ragà, vi prego, vi supplico, PER PIACERE, LAVATEVI LE ASCELLE.
Taluni tendono a sottovalutare l’entità di tale fenomeno, ma è nostro comune dovere porvi l’accento, non solo per il benessere dei soggetti poco avvezzi all’impiego del sapone, ma anche e soprattutto per salvaguardare l’aspettativa di vita di coloro che questi ultimi circondano.
Tutti noi patiamo gli attuali sbalzi delle temperature, ma ciò non implica la necessità di far sobbalzare anche l’olfatto di chi vi sta accanto, ogniqualvolta fate ingresso in un loco. Al di là del naso sensibile di determinati individui, sovente di ciò accusati, v’è una soglia, cordiali lettori avversi all’igiene, al di là della quale sareste suscettibili di denuncia ex art. 56 del codice penale (per chi non lo sapesse, relativo al delitto tentato), alle volte sfociabile in omicidio colposo, quando ci allietate con la vostra soave presenza in luoghi chiusi. Metro, treni e sale d’attesa possono talvolta divenire letali, ma mai la nostra incolumità è messa a repentaglio come quando un individuo ostile al bagnoschiuma ci si apposta accanto in ascensore. Potrete entrare in simbiosi con le pareti dello stesso quanto vorrete, nel disperato tentativo di catturare le ultime molecole di ossigeno sottrattesi alla contaminazione, ma qualora il suddetto dovesse essere minuto come quello del mio condominio, è suggeribile cominciare a pensare ai destinatari del proprio testamento.
La domanda che mi sorge spontaneamente, ogni sacrosanta volta che il mio spirito di autoconservazione mi spinge ad andare in apnea, onde sfuggire al tanfo del gentiluomo o della gentildonna malauguratamente adagiatasi di fianco a me, è sempre la stessa: ma lo sa o non lo sa?   
Lo sa o non lo sa che il suo mero passaggio aumenta veriginosamente il rischio di soffocamento del 90% dei soggetti ad egli/ella circostanti? Lo sa o non lo sa di sfiorare il fetore di una pantegana morta in decomposizione? Sa o non sa di violentare ripetutamente e cruentemente il mio olfatto e quello altrui, ad ogni passo che compie verso la nostra direzione? Sa o non sa di essere una potenziale arma di distruzione di massa? Lo sa o non lo sa? E in caso negativo, come fottutissimamente può non saperlo, per Dio? Come? COME??



Perdonate il mio momentaneo turpiloquio inverecondo, egregi lettori dai nasi insensibili; non volevo mancarvi di rispetto. Proviamo a metterla in altri termini.
Esistono due simpatici elementi, gentili amici, due amichevoli composti chiamati sapone e deodorante. Non costano molto, nè i medesimi, nè il loro utilizzo, ma donano molto a chi li riceve. Parimenti, il mancato impiego degli stessi toglie molto a chi vi circonda: benessere e anni di vita, solo per citarne un paio. Prestate attenzione, tuttavia!
Mentre è possibile fare a meno del nostro benamato deodorante, di cui talvolta per allergie o problemi vari non è dato avvalersi, laddove un sacro vincolo di fedeltà ci unisca al pulcro sapone, impegnandoci ad accoglierlo nella nostra quotidianità almeno una volta al giorno, GIAMMAI sarà valido il meccanismo opposto. A differenza di quanto molti di voi ingenuamente pensano, applicare il deodorante su un’ascella sudicia non ne copre l’odore; finisce bensì annientato dal medesimo, creando un raccapricciante cocktail che rischia di annientare anche i cristiani che vi stanno attorno. Parallelamente, farvi il bagno nel dopobarba o coprirvi di fragranze, per quanto pregiate, senza nondimeno porre prima in essere l’igienica condicio sine qua non, è totalmente irrilevante. Irrilevante per voi, fatale per noi sventurati dal destino infausto. 
Non so cosa vi abbiano detto i vostri ascendenti in età puerile, ma il profumo NON è un surrogato del sapone. Dunque, qualora puzzaste come una stalla, immergervi fino al collo in una boccetta di Gucci Flora non vi renderà un prato di magnolie in fiore, bensì un gregge di capre maremmane rotolatesi gioiosamente in un prato di magnolie in fiore. Che poi, fatemelo dire, anche i cleanliness addicted intenti ad intingere ogni singolo indumento in una vasca di profumo sfiorano le soglie dell’intollerabilità, specie se il profumo in questione presenta note incantevoli per chi lo indossa, ma virulente e insostenibili per il resto del mondo (vi prego, ditemi che non sono l’unica a non reggere Hypnotic poison di Dior, VI PREGO).

Tornando a noi, sovente ho sentito individui dall’ascella esuberante appellarsi alla scusa del caldo, che a detta loro sarebbe il principale responsabile del tanfo sub-ascellare estivo. Potremmo celermente obiettare che le alte temperature siano causa primaria del sudore, non certo del suo fetore, conseguente ad una permanenza a lungo termine dello stesso, dovuta all’ignoranza (nel senso di ignorare di avere uno scarico portuale sotto al braccio) o all’ottimismo di chi se ne fa portatore. Taluni solgono alzare la braccia al cielo nella speranza che la tramontana di passaggio prosciughi il sudore ivi depositatosi (nella migliore delle ipotesi) nelle 48 ore precedenti; a costoro vorrei garantire che l’aroma di cui sono impregnate, ahimè, permane, e si aggrappa impavida alle narici di noi vittime innocenti.
Ad ogni modo, magari, oserei aggiungere, si trattasse d’un problema meramente estivo. L’ascella rigogliosa non conosce stagioni; le abbraccia tutte alla stessa maniera.
Poichè, per quanto nei mesi rigidi essa possa celarsi sotto golf, felpe e indumenti lanosi, verrà sempre QUEL momento, quello che noi comuni mortali da sempre temiamo, quello di cui prima o poi tutti diverremo inesorabilmente protagonisti impotenti: quello in cui il/la nostro/a poco igienico/a amico/a SI TOGLIERA’ IL MAGLIONE, vuoi perchè nel locale in cui siete appena entrati v’è una forte escursione termica rispetto al freddo glaciale esterno, vuoi perchè l’individuo in esame cova un incoscio desiderio di attentare alla tua incolumità. Mentre nel caso di un amico fidato si dispone della confidenza necessaria per sussurrargli all’orecchio “fratè, se non vai un secondo in bagno a pulirti l’ascella, presto dovrai pulire il mio cadavere”, le cose tendono a divenire più complesse, allorchè dovesse trattarsi di un perfetto sconosciuto. E’ lì che dobbiamo appellarci a tutta la nostra forza interiore. 
In un primo momento cercheremo tutti di accostare di soppiatto il naso alla nostra manica a cadenze regolari, onde inspirare quelle scarse dosi di ossigeno senza rischiare una sincope, apostrofando di tanto in tanto l’Onnipotente, che anche gli atei cominceranno ad invocare, esortandolo a condurre lungi da noi la causa dei nostri mali, essendovi ahimè circostanze in cui non ci è dato spostarci altrove. In un secondo e probabilmente ultimo momento, ci limiteremo a pregarlo di freddare quest’ultimo o, in alternativa, noi medesimi.
Dal momento che domani dovrò recarmi più volte in svariati luoghi chiusi, in compagnia d’un considerevole numero di ignoti, ben conscia del fatto che “del doman non c’è certezza”, ci tenevo a dirvi che vi voglio bene e ve ne ho voluto assai.
Per sempre vostra,

S.